Aumentano le richieste della farina macinata a pietra
Nata come una moda, oggi sempre più spesso la vediamo sui menù delle pizzerie consapevoli degli effetti benefici e di mangiare un prodotto più naturale.
La Molitura a pietra
di Antonio De Simone
Con la macinazione a pietra, si permette al germe e ad alcuni oli essenziali di amalgamarsi con la parte amidacea, donando alla farina una colorazione finale tendente al bianco avorio con leggere punteggiature beige scuro, profumi più complessi, maggiore lunghezza gustativa e preservazione di molte proprietà benefiche presenti nel grano.
I mulini nell’antichità
A dire il vero, non erano veri e propri mulini come quelli odierni.
A quei tempi, si sfruttavano superfici di roccia piana e dura sulla quale venivano sparsi chicchi di grano e con un’altra pietra di forma tonda o piatta, molto dura, si procedeva alla frantumazione dei chicchi.
La casualità volle, che nella roccia si formavano naturalmente dei solchi, i quali miglioravano la macinatura e quindi iniziarono a crearli artificialmente.
Nei primi secoli dopo Cristo, iniziarono a sorgere i primi mulini, a mano, a trazione animale e ad acqua e proprio quest’ultimo iniziò ad essere quello più utilizzato, tranne in Olanda che si sfruttava la forza del vento, oggi invece, utilizzano tutti l’energia elettrica.
Oggi i sono rari i mugnai che sposano l’idea di macinare a pietra.
I mulini a pietra, sono costruiti con monoliti speciali che devono rispondere a determinati requisiti di durezza, porosità e omogeneità strutturale.
I migliori esemplari che rispettano a pieno i requisiti sopra elencati, provengono dalla Francia, precisamente da La Fertè-Sous Jouarre) e sono di origine vulcanica.
Queste pietre di tipo marmoree , oltre ad essere molto dure, non apportano alcun odore, nè alcun sapore durante la lavorazione.
L’odierno mulino a macine a pietra si presenta come un cilindro, esternamente rivestito in legno e internamente in acciaio, quest’ultima parte avvolge le due ruote.
Al centro della parte superiore, vi è un buco e in questo è posto un grande imbuto (tramoggia) dal quale viene inserito il grano. La distanza delle due ruote interne viene regolata da una particolare vite.
Un altro punto a favore della macinazione a pietra è rappresentato dalla scarsa velocità di lavorazione delle pietre, circa 100 giri al minuto, quindi da un lato è poca la produzione giornaliera, dall’altro è positivo in quanto mantiene bassa la temperatura e fa si che la farina non corre il rischio di cottura, preservandone l’intero patrimonio organolettico.